Dall'avvenire del
3 giugno 1997
Dedicate ai temi sociali le parole pronunciate durante la messa nell'ex-aeroporto
militare sovietico di Legnica
"Lo sfruttamento è peccato"
Wojtyla:
per chi ne ha i mezzi un obbligo creare occupazione
Legnica
(S.M.) Il diritto al lavoro, "onesto, responsabile, accurato", attraverso
il quale l'uomo realizza se stesso e "diventa più uomo".
La lotta alla disoccupazione, "segno del sottosviluppo sociale ed economico
degli Stati", e il conseguente "obbligo" per gli imprenditori
cristiani " di impegnarsi a creare posti di lavoro", contro ogni
forma di "sfruttamento" che riduce l'uomo stesso a semplice "strumento
di produzione". Per cinque volte, così, il Papa ammonisce. In
ossequio a un compito che la Chiesa porterà avanti "fino a quando
ci sarà una sola ingiustizia". Il sole che finalmente inizia a
riscaldare questa fredda Polonia d'inizio giugno illumina la sterminata platea
che a Legnica è corsa all'ex aeroporto militare sovietico per assistere
alla messa che Giovanni Paolo II, riflettendo "sul mistero dell'eucaristia
nella prospettiva della vita sociale", ha voluto dedicare al mondo del
lavoro. Questione che qui, soprattutto qui dove c'è un passo indietro
rispetto al resto della nazione, rischia di diventare "il problema dei
problemi". Sono arrivati in trecentocinquantamila, tra loro anche alcuni
ex detenuti del campo di concentramento nazista di Gross Rosen, che sorgeva
a pochi chilometri da Legnica, con indosso le tetre divise a righe del lager:
tutti applaudono i passaggi di questo discorso del Papa che "parlerà,
e non può non parlare, dei problemi sociali, perché qui è
in gioco l'uomo".
Sullo sfondo e tutt'intorno questa immensa folla, gli acquartieramenti abbandonati
che, fino al '93, ospitavano i 5Omiia soldati del centro di comando sovietico
in Polonia. Città spettrale e fatiscente con le porte e le finestre
ridotte a orbite vuote, invasa dalle erbacce, di cui non si sa che fare. Simbolo
di tutto quello che in pochi anni è cambiato e per contrasto, di tutto
quello che c'è ancora da costruire in questa società da poco
uscita da sotto il tallone comunista, dove "nel tempo del dinamico sviluppo,
si scopertine/coprono con chiarezza tutte le carenze della vita sociale del nostro Paese".
Una questione che rimanda al "grande compito della nostra generazione",
di portare "la luce di Cristo ha detto il Papa nella vita quotidiana,
negli areopaghi moderni, negli enormi terreni della civiltà e della
cultura contemporanea, della politica e dell'economia", perché
"la fede non può essere vissuta soltanto nell'intimo dello spirito
umano" ma "deve trovare la sua espressione nella vita sociale".
E su questi temi tante volte trattati in discorsi e in Encicliche, ha aggiunto,
"bisogna tuttavia tornare fino a quando nel mondo accade un'ingiustizia,
anche piccolissima", altrimenti la Chiesa "non sarebbe fedele alla
missione affidatale da Cristo, la missione della giustizia".
"Mutano infatti i tempi, mutano le circostanze ha detto ancora Giovanni
Paolo II ma sempre ci sono in mezzo a noi coloro che hanno bisogno della voce
della Chiesa e del papa, affinché vengano espresse le loro angosce,
i loro dolori, le loro miserie. Non possono essere delusi. Devono sapere che
la Chiesa era ed è con loro, che è con loro il Papa; che egli
abbraccia con il cuore e con la preghiera chiunque sia toccato dalla sofferenza".
E inequivocabile è stato, il Papa, nello scandire i principi del diritto
al lavoro, a partire dallo "scandalo" della disoccupazione "che
è il segno ha detto del sottosviluppo sociale ed economico degli Stati".
Per questo "bisogna fare tutto il possibile per prevenire questo fenomeno
... perché mediante il lavoro l'uomo realizza se stesso e anzi, in
un certo senso, diventa più uomo".
Così, per i cristiani "che dispongono di mezzi di produzione",
è "un obbligo che scaturisce dalla fede e dall'amore quello di
impegnarsi a creare posti di lavoro, contribuendo in tal modo alla soluzione
del problema della situazione nell'ambiente più vicino", senza
lasciarsi "ingannare dalla visione di un profitto immediato, a spese
degli altri. Guardatevi ha ammonito da ogni forma di sfruttamento, altrimenti
ogni condivisione del pane eucaristico diventerà per voi un'accusa".
"Chiedo ardentemente a Dio che tutti coloro che desiderano ottenere onestamente
il pane con il lavoro delle proprie mani abbiano le condizioni adatte per
farlo", ha quindi proseguito Giovanni Paolo II, sottolineando come accanto
al problema della disoccupazione c'è poi "l'atteggiamento di chi
considera il lavoratore come uno strumento di produzione", così
che "l'uomo è offeso nella sua dignità di persona".
E questo un vero e proprio "sfruttamento", fatto di precarietà,
orari impossibili, paghe basse, e di non rari "casi, specialmente per
quanto concerne le donne, in cui è negato il diritto al rispetto della
dignità della persona". Ma il lavoro umano "non può
essere trattato ha ricordato Papa Wojtyla solamente come una forza necessaria
alla produzione, la cosiddetta "forza lavorativa". L'uomo non può
essere trattato solamente come mezzo di produzione. L'uomo è creatore
del lavoro e suo artefice" e, per questo, "occorre far di tutto
affinché il lavoro non perda la dignità sua propria".
"La mancanza di lavoro è segno di sottosviluppo sociale ed economico. Chiedo a Dio che quanti vogliono ottenere onestamente il pane abbiano le condizioni per farlo"